A duru duru : romanzo / Gian Battista Fressura

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Titolo: A duru duru : romanzo / Gian Battista Fressura

Pubblicazione: Sassari : EDES, 2009

Descrizione fisica: 265 p. ; 21 cm.

Collezione: La biblioteca di Babele ; 37

ISBN: 978-88-6025-118-3

Autore: Fressura, Gian Battista

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La vita, un «duru duru» di Manlio Brigaglia - La Nuova Sardegna 11.02.2010

Gian Battista Fressura se lo ricorda ancora il primo giorno che, quattro anni fa, tornò a Bono dopo avere pubblicato il suo romanzo in sardo-logudorese, «Addaeriu». Il titolo è il nome di un rione del paese. Il libro era gremito di ricordi di quegli anni Cinquanta in cui aveva vissuto la sua infanzia paesana, un ritratto di luoghi e soprattutto di gente che non avrebbe fatto fatica a riconoscersi nel libro. Scese trepidante dalla macchina (trepidante come può esserlo Fressura, che ha alle spalle solidi studi di Giurisprudenza, cinque anni di lavoro al Centro regionale della Programmazione, una brillante carriera di dirigente bancario). Che cosa gli avrebbero detto i compaesani di quel ritratto fra il nostalgico e l'ironico (con qualche brivido di critica sociale) che ne aveva dato? «Appena posteggiata la macchina, salutai da lontano un muratore che lavorava alla ristrutturazione di una casa. Mi venne incontro sorridente: 'No nd'as bogadu lintos e pintos", mi disse». Era un bel viatico per riprovarci.

E cosi Fressura ha ripetuto la prova «A duru duru», edito anch'esso dalla Edes. In sardo-logudorese, come il primo, anche se le cose che racconta sono del tutto diverse. Nel primo romanzo c'erano soprattutto (se non esclusivamente) il paese e le sue memorie, in questo c'è il mondo grande e terribile della civiltà capitalistica, quello che si incontra nel lavoro urbano e - come accade a Salvatore-Bobore, il protagonista - nell'emigrazione «continentale». Il paese resta sullo sfondo, in parte evocato come luogo dei ricordi delle prime esperienze politiche, in parte, soprattutto nel finale, rivisitato come lo spazio d'energia che permette di riappacificarsi con la vita. Ma nonostante questo ruolo forte che ancora è assegnato al mondo del paese, il romanzo è una storia «urbana».

Urbana è l'educazione del protagonista, urbana la sua vicenda: giocata fra gli studi universitari a Cagliari, l'emigrazione (che è soprattutto una fuga, un raptus di rifiuto di un avvenire chiuso nel borgo) l'amore «moderno» vissuto secondo i canoni di libere scelte di uomini e di donne, la durezza del lavoro, che diventa ferocia quando la multinazionale finanziaria di cui Salvatore è arrivato ad essere amministratore delegato lo «taglia» quasi senza preavviso, ponendolo di colpo davanti al problema di riempire un'orribile sequenza di giorni vuoti

Come si salva, in questo vorticare di mutamenti e di esperienze, la propria identità? Dove il termine ha una doppia valenza: quella dell'appartenenza a una civiltà che si è stratificata e perfino codificata attraverso il tempo (il tempo degli uomini e della cose) e quella di una definizione della propria personalità, la fissazione di una coerenza a se stessi. Fressura non ha esitazioni di scelta: le mescola tutt'e due, le fa vivere contemporaneamente anche quando l'identità «locale» si presenta come un tumulto da tenere presente ma ben separato dal resto delle esperienze di vita. Niente di folcloristico: né con riferimento alla più consumata standardizzazione dell'approccio al tema né, più ancora, con riferimento all'uso che se ne fa talvolta nella narrativa (e più ancora nella antropologia corrente) quando si parla di Sardegna e di sardi. Il romanzo di Fressura è un romanzo moderno. Il romanzo della faticosa ma limpida modernità della Sardegna di oggi, e della gente che vi abita e vi fatica: i vecchi compagni de Sa Comuna non si sono arresi, ognuno di loro sa bene che cosa sono stati e che cosa ancora sono capaci di essere.

Paradossalmente questa modernità si rivela proprio nella scelta di scrivere il romanzo in sardo e più ancora, se è possibile dirlo, nella traduzione a fronte che lo accompagna. Il sardo di Fressura è il sardo netto e senza infingimenti, soprattutto senza prestiti italianizzanti (ma quando occorre, e fanno parte della verità dei parlanti ci sono anche quelli) e insieme senza scimmiottature queste si «dialettali», che è la lingua regionale dei sardi colti che non solo non hanno tagliato il cordone ombelicale che li lega ai luoghi della nascita ma continuano a praticare quella lingua con l'attenzione che gli viene da una riflessione seria su quello che è questa lingua e che cosa contiene. Proprio per questo, forse, il romanzo è uno dei non molti romanzi scritti in sardo che sono stati veramente prima pensati in sardo e poi, per le occorrenze della comunicazione editoriale, tradotti in italiano (disputa antica, che nacque quando ci si cominciò a chiedere in che lingua la Deledda pensasse le sue opere). E' questa lingua «naturale» (ma come può essere naturale in chi ha studiato ed è vissuto a livelli non mediocri nelle comunità contemporanee) che dà forza e nerbo alla narrazione. E' come se l'autore tornasse fra i compagni d'un tempo e raccontasse loro, ascoltato e seguito come quando ne era uno dei dirigenti, che cosa è capitato nel vasto mondo a un personaggio-Bobore che non è meno autobiografico - pure in una vicenda che ha un più alto tasso di fiction - del protagonista-narratore di «Addaeriu». Un'acquisizione importante per la moderna narrativa in lingua sarda: e peccato se si continuerà a distinguerla da quella in lingua italiana, anzi tenendola sempre ai bordi della tentazione di considerarla poco più che una sorta di vizio locale.

Manlio Brigaglia

9788860251183
2 Articoli

Scheda tecnica

Artista / Autore
Gian Battista Fressura
Tipo di pubblicazione
Romanzo
Formati disponibili
Copertina flessibile
Condizione del prodotto
Nuovo
Numero di dischi
1
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